Terzo Settore e pubblicazione dei compensi: tra obbligo di trasparenza e diritto alla riservatezza
Il Codice del Terzo settore prevede – tra i vari vincoli di trasparenza – l’obbligo di pubblicare annualmente sul sito internet (e tenere aggiornati) gli emolumenti, i compensi o i corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti e agli associati.
Disposizione, questa, che si applica soltanto agli enti con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate superiori a centomila euro annui.
La finalità di trasparenza alla base di questa imposizione si scontra, tuttavia, con quella di riservatezza e tutela dei dati personali.
Il tema è stato recentemente affrontato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la nota n. 293 del 12.01.2021.
La pubblicazione sul sito internet di cui parliamo – come precisa il Ministero – consente agli esterni di acquisire ulteriori informazioni utili rispetto a quelle che già potranno ricavarsi dal RUNTS (Registro unico nazionale del terzo settore) una volta che questo sarà operativo.
Gli obiettivi sottesi a questi obblighi di trasparenza sono molteplici:
- mettere in condizione i terzi di effettuare scelte maggiormente consapevoli (si pensi alla destinazione del cinque per mille);
- conoscere in concreto come vengono impiegate le risorse da parte dell’organizzazione (interesse connesso al fatto che dette risorse provengono anche dal settore privato);
- attuare quel controllo sociale diffuso sull’azione di enti che svolgono, senza scopo di lucro, attività di interesse generale con finalità “civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.
Occorre, tuttavia, come detto, fare i conti con il diritto alla riservatezza e, come sempre accade in questi casi, è necessario operare un bilanciamento fra i due interessi in gioco, attraverso i criteri di proporzionalità, ragionevolezza e pertinenza.
Proprio alla luce di questi principi, dice il Ministero, non è consentito, ad esempio, pubblicare:
- informazioni che non siano necessarie ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi di trasparenza previsti dalla norma;
- elementi che possano anche indirettamente rendere conoscibili situazioni particolari del singolo percettore di tali emolumenti (come elementi della retribuzione attribuiti non in ragione dell’attività svolta, ma di situazioni proprie del singolo e tali da fornire indebitamente informazioni sulla sua specifica condizione, ad esempio di natura sanitaria);
- informazioni di natura patrimoniale a ben vedere riconducibili alla situazione dell’individuo, ma non collegate alle attività svolte, agli incarichi ricoperti o, più in generale, all’appartenenza all’ente.
Il Ministero fornisce poi ulteriori indicazioni pratiche:
- i dati possono essere pubblicati in forma anonima, con la mera indicazione della categoria a cui si riferiscono. Il Ministero precisa, al riguardo, che non è necessaria una pubblicazione nominativa ogni qualvolta sia possibile pubblicare un’informazione valida per tutti i soggetti appartenenti ad una determinata categoria (ad esempio specificando il trattamento previsto tanto per i componenti dell’organo di controllo quanto la maggiorazione spettante al presidente dello stesso; oppure individuando tra i dirigenti una o più categorie retributive e specificando il trattamento lordo associato a ciascuna di esse);
- non è al contrario sufficiente la pubblicazione di un dato aggregato, perché non garantisce i livelli di trasparenza richiesti dalla normativa. Secondo il Ministero, infatti, all’interno del dato aggregato potrebbero rinvenirsi posizioni differenziate che non verrebbero messe in luce a scapito dei possibili interessati all’informazione;
- devono essere tenuti distinti gli importi dovuti a titolo di “retribuzione” da quelli corrisposti a titolo di “indennità particolare” (ad esempio, parametrata ai giorni in cui un determinato organo si riunisce) o di “rimborso spese” (in questo ultimo caso, trattandosi di somme attribuite a fronte di spese documentate potrà essere sufficiente individuare il numero di beneficiari, l’importo medio, l’importo massimo e quello minimo riconosciuti).
Il Ministero ha da ultimo chiarito che non fornirà un “format” per la pubblicazione, in quanto la struttura potrebbe variare per i diversi enti; un modello, però, potrebbe eventualmente essere adottato dall’organo di controllo dell’ente, nell’ambito del suo ruolo di vigilanza sull’osservanza della legge e dei principi di corretta amministrazione.