Le registrazioni delle conversazioni avvenute sul luogo di lavoro: quando sono lecite e quando no
Con una recente sentenza, la n. 12534/2019, pubblicata il 10 maggio scorso, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla legittimità e validità delle registrazioni di conversazioni tra colleghi sul luogo di lavoro, che siano state effettuate in modo occulto.
La questione non è di poco conto poiché una simile condotta, tenuta sul luogo di lavoro, può ledere irreparabilmente il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e, quindi, essere motivo di licenziamento. Inoltre, l’ambiente di lavoro potrebbe risultare inquinato dal reciproco sospetto che, in qualsiasi occasione e per i motivi più futili, si possano fare registrazioni occulte.
Tant’è che le registrazioni di conversazioni sul luogo di lavoro non sono sempre lecite, anzi.
Pertanto, la Suprema Corte ha ribadito le condizioni alle quali la conversazione registrata all’insaputa dell’interlocutore è legittima e inidonea ad integrare un illecito disciplinare.
Sulla base del principio che il trattamento dei dati personali è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato, la Corte ha già avuto modo di precisare che la registrazione di conversazione all’insaputa dei presenti configura una grave violazione del diritto alla riservatezza, con conseguente legittimità del licenziamento intimato (Cass. 26143/2013).
Tuttavia, nel tempo i giudici hanno individuato le eccezioni alla regola.
Così, le registrazioni di conversazioni sono lecite quando sono strettamente finalizzate alla difesa di un proprio diritto e all’acquisizione di fonti di prova: solo quando il lavoratore registri conversazioni audio o video mosso dal genuino intento di tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda e di precostituire una prova a proprio favore, un tale comportamento non legittima il licenziamento e neppure costituisce illecito disciplinare.
Le registrazioni effettuate potranno, quindi, essere validamente prodotte anche nel processo civile del lavoro (rientrando nel genere delle riproduzioni meccaniche ex art. 2712 c.c.).
Ad esempio, ricordiamo che la Corte di Cassazione ha ritenuto legittime le registrazioni effettuate da un lavoratore il quale, nell’arco di breve tempo, aveva ricevuto plurime critiche del proprio operato ed era stato convocato dai superiori per una riunione sul tema (Cass. 27424/2014). Ancora, sono state considerate legittime le registrazioni di conversazioni tra colleghi, prodotte dal lavoratore mediante chiavetta USB in sede di giustificazioni orali nell’ambito di un procedimento disciplinare (Cass. 11322/2018).
Al contrario, non sono lecite registrazioni occulte a fini illeciti, emulativi, o anche solo per scopi non strettamente attinenti alla difesa di un diritto: così si è espressa la Suprema Corte, confermando i licenziamenti intimati ai dipendenti che avevano effettuato registrazioni occulte di conversazioni tra colleghi (Cass. 26143/2013; Cass. 11999/2018).
In conclusione, il dipendente che registra di nascosto le conversazioni avvenute sul luogo di lavoro può essere licenziato: si tratta di un comportamento che viola la riservatezza dei singoli, che ingenera un clima di mancanza di fiducia e collaborazione tra colleghi e che lede irreparabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
Tuttavia, la registrazione che sia strettamente connessa ad una specifica e realistica prospettiva di contenzioso potrà esser prodotta in giudizio ed il comportamento non sarà sanzionabile dal punto di vista disciplinare.