La domanda di ammissione al passivo interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore del fallito
Con l’ordinanza del 19 aprile 2018 n. 9638, la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha statuito il seguente principio di diritto: “La presentazione dell’istanza di insinuazione al passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina, ai sensi dell’art. 2945, secondo comma cod. civ., l’interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, ai sensi dell’art. 1310, primo comma, del codice civile. Né rileva, ai fini dell’efficacia di tale atto interruttivo, la circostanza che nei confronti del condebitore solidale del fallito il creditore abbia ottenuto un provvedimento che riconosce l’esistenza del credito con efficacia di giudicato (nella specie, decreto ingiuntivo non opposto).”
Nel caso di specie, due istituti di credito avevano ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di una società – in seguito dichiarata fallita – e dei suoi due fideiussori, per il pagamento di un importo pari ad oltre un milione di Euro. Il decreto era divenuto definitivo nei confronti di tutti i condebitori solidali per mancata opposizione.
Successivamente i due istituti, dopo aver presentato domanda di ammissione al passivo del fallimento della debitrice principale, hanno convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Napoli i due fideiussori chiedendo che fosse dichiarato nullo per simulazione l’atto pubblico con il quale il primo garante aveva venduto al secondo un immobile, ovvero, in subordine, che tale atto fosse dichiarato inefficacie nei loro confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., in quanto compiuto allo scopo di aggirare le loro ragioni di credito.
A sostegno della domanda le due banche hanno esposto, tra l’altro, di essere creditrici nei confronti della fallita e dei due fideiussori della somma di Euro 1.105.550,87, portata dal decreto ingiuntivo di cui sopra.
Costituendosi in giudizio, i due fideiussori hanno eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del diritto fatto valere dalle creditrici, insistendo per il rigetto della domanda.
All’esito del giudizio, il Tribunale di Napoli ha accolto la domanda delle due banche, dichiarando la natura simulata dell’atto di compravendita contestato e condannando i convenuti al pagamento delle spese di lite.
A seguito dell’impugnazione proposta dai fideiussori, la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 19 dicembre 2014, ha poi ribaltato il giudizio di primo grado, affermando che l’efficacia dell’atto interruttivo della prescrizione (nello specifico, della domanda di ammissione al passivo) ,compiuto nei confronti di un condebitore in solido, “non si estende al diverso condebitore il cui obbligo sia stato accertato con forza di giudicato”.
La Corte, in particolare, non ha ritenuto applicabile il principio previsto dagli artt. 1957 comma 4 c.c. e 1310 comma 1 c.c. – per i quali “l’istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore” -, quando il creditore abbia ottenuto un provvedimento di accertamento del credito con efficacia di giudicato. Poichè il decreto ingiuntivo emesso nei confronti di più debitori in solido acquista, appunto, efficacia di giudicato nei confronti del debitore che non abbia proposto opposizione, la Corte ha ritenuto che gli atti interruttivi della prescrizione nei confronti della debitrice principale, successivi al passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo nei confronti del fideiussore, non potessero estendere i loro effetti a quest’ultimo soggetto.
Contro la Sentenza della Corte d’Appello di Napoli ha proposto ricorso – a seguito dell’acquisto di un pacchetto di NPL (Non Performing Loan) – una società, in qualità di cessionaria del credito delle due banche cedenti.
La Corte di Cassazione ha quindi ribadito il principio già espresso con la sentenza del 17 luglio 2014 n. 16408 della stessa Sezione Terza ed invocato dalla ricorrente, secondo cui: “la presentazione dell’istanza di insinuazione del credito nel passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina l’interruzione della prescrizione del credito medesimo con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, in applicazione del principio generale fissato dall’art. 2945 c.c., comma 2, e tale interruzione opera ai sensi dell’art. 1310 c.c., comma 1, anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, pur se questi non abbia opposto, diversamente dagli altri condebitori solidali, il decreto ingiuntivo, sia pure con riferimento, per il predetto obbligato, al termine di prescrizione dell’actio iudicati.”
La Suprema Corte, evidenziando l’errore commesso dalla Corte d’Appello, ha sottolineato: “l’autorita’ del giudicato fa sì che la pronuncia non possa venire meno meno per effetto di successive pronunce tra altre parti, ma non rende l’obbligazione solidale impermeabile rispetto agli atti interruttivi della prescrizione”. Pertanto, accertata con efficacia di giudicato l’esistenza di un’obbligazione solidale, non può che divenire pienamente applicabile la previsione dell’art. 1310 c.c..
Diversamente, sarebbe paradossale la posizione del creditore che, ottenuto l’accertamento del proprio credito con efficacia di giudicato nei confronti di un condebitore solidale, non potrebbe giovarsene, venendosi a trovare in una situazione peggiore di quella in cui si troverebbe in assenza di tale accertamento.
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