I controlli a distanza – la riforma dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori
Il D.Lgs n.151 del 14.09.2015 ha riformato, con decorrenza dal 24.09.2015, l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori recante la disciplina dei controlli a distanza dei lavoratori.
Scopo dell’intervento del legislatore è stato quello di adeguare la normativa, risalente da oltre quarant’anni fa, all’evoluzione tecnologica, contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore.
Prima di esaminare nel merito il nuovo art. 4 dello Statuto dei Lavoratori notiamo, innanzitutto, che nel testo ora vigente è stato eliminato il divieto di utilizzo di strumenti finalizzati esclusivamente al controllo dell’attività lavorativa: ciò non significa, tuttavia, che il datore di lavoro è legittimato ad installare strumenti per controllare direttamente il prestatore di lavoro, poiché il controllo è consentito solo alle condizioni che andiamo ad illustrare.
Disciplina generale
Il nuovo comma 1 dell’art.4 dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che è consentito l’utilizzo di impianti audiovisivi e di altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa a condizione che:
- siano impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro o per la tutela del patrimonio aziendale;
- sia concluso preventivamente un accordo collettivo ovvero, in mancanza di accordo, l’utilizzo degli strumenti sia stato autorizzato preventivamente in via amministrativa.
Rispetto al passato, è stata aggiunta l’ipotesi della tutela del patrimonio aziendale a quelle delle esigenze organizzative e produttive e della sicurezza del lavoro: in sostanza, sono stati normati i cosiddetti controlli difensivi, già ammessi dalla giurisprudenza.
Il concetto di patrimonio aziendale è, inoltre, di ampiezza tale da ricomprendere tutti i beni aziendali, inclusi quindi anche quelli immateriali.
Ancora, il legislatore ha consentito il controllo a distanza non solo mediante gli impianti audiovisivi ma, più in generale, attraverso tutti gli strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza, ricomprendendo così qualsiasi tipo di tecnologia.
Quanto alla procedura da espletare per poter utilizzare tali strumenti, il datore di lavoro può, alternativamente, sottoscrivere un accordo con le RSU o le RSA ovvero proporre istanza alla DTL territorialmente competente.
Dal punto di vista operativo, è stata introdotta una novità nel caso in cui l’impresa abbia unità produttive dislocate in più Province o Regioni: in tale ipotesi il datore di lavoro deve raggiungere l’accordo con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale oppure chiedere l’autorizzazione al Ministero del Lavoro. Rispetto alla vecchia disciplina, quindi, per poter utilizzare strumenti di controllo in ciascuna unità produttiva, il datore di lavoro non deve più fare ricorso alle singole realtà locali, sindacali o amministrative.
Eccezioni alla disciplina generale
La novità più rilevante è rappresentata dal nuovo comma 2 dell’art.4 dello Statuto dei Lavoratori che prevede che non occorrono né le finalità di cui al comma 1 (esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro o tutela del patrimonio aziendale) né l’accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa nel caso di impiego di:
– strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (es. smartphone, tablet e PC);
– strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
Si tratta di una disposizione di notevole portata innovativa poiché il legislatore ha operato a priori una valutazione di legittimità dell’impiego di tali strumenti che, quindi, non devono essere sottoposti ad un preventivo esame in sede sindacale o amministrativa.
Relativamente agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, l’eccezione alla disciplina generale trova applicazione limitatamente a quelli che servono direttamente per adempiere alle mansioni assegnate.
In effetti, l’espressione per rendere la prestazione lavorativa comporta che l’accordo o l’autorizzazione non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che occorre al lavoratore per adempiere la prestazione: ciò significa che, nel momento in cui tale strumento viene modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi software di localizzazione) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione.
In tal ultimo caso, infatti, da strumento che “serve” al lavoratore per rendere la prestazione, il medesimo diviene un mezzo che “serve” al datore per controllare la prestazione.
Conseguentemente queste modifiche possono avvenire solo alle condizioni sopra ricordate: la ricorrenza di particolari esigenze, l’accordo sindacale o l’autorizzazione in sede amministrativa.
Allo stesso modo rientrano nel comma 1 gli elementi meramente accessori della strumentazione tecnologica fornita al lavoratore che non sono necessariamente funzionali a rendere la prestazione.
Anche il riferimento alla registrazione degli accessi e delle presenze è di ampia portata e ricomprende non solo l’ipotesi dei tornelli posti all’ingresso aziendale, ma tutti gli strumenti di accesso a particolari aree dell’azienda, anche quelli funzionali alla mobilità intra-aziendale.
Ulteriore novità è rappresentata dal fatto che, secondo la nuova formulazione del comma 3 dell’art.4 dello Statuto dei Lavoratori, le informazioni raccolte tramite gli strumenti di cui ai commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro e, quindi, anche ai fini sanzionatori, a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione circa l’esistenza e le modalità d’uso delle apparecchiature di controllo (anche quelle installate con l’accordo sindacale o l’autorizzazione della DTL o del Ministero), e delle modalità di effettuazione dei controlli, che comunque dovranno rispettare quanto disposto dal D.Lgs. 30.06.2003, n. 196 in materia di privacy.
In ogni caso si ricorda che il datore di lavoro non può effettuare controlli in maniera indiscriminata: ogni forma di controllo deve, infatti, essere conforme ai principi di liceità, pertinenza, trasparenza e non eccedenza del trattamento dei dati.
Qualora il lavoratore non sia stato adeguatamente informato dell’esistenza e delle modalità d’uso delle apparecchiature di controllo e delle modalità di effettuazione dei controlli, i dati raccolti non saranno utilizzabili a nessun fine: è quanto mai consigliabile, pertanto, rivedere e/o riformulare le policy aziendali e le informative privacy adeguandole a quanto previsto dalla nuova disposizione.
Regime sanzionatorio
L’installazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti, dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, in assenza di accordo sindacale o di autorizzazione da parte della DTL o del Ministero, comporta l’applicazione delle sanzioni previste all’art. 38 dello Statuto dei Lavoratori e quindi:
– salvo che il fatto non costituisca più grave reato, ammenda da € 154,00 a € 1.549,00 o arresto da 15 giorni a 1 anno;
– nei casi più gravi, le pene dell’arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente;
– quando per le condizioni economiche del reo l’ammenda può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo;
– nei casi più gravi, l’autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna.
Eccetto che nei casi più gravi, è applicabile l’istituto della prescrizione obbligatoria (art. 15 del D.Lgs. 23.04.2004, n. 124) per cui al datore di lavoro viene prescritta la cessazione della condotta illecita e, successivamente, in caso di esito positivo, viene ammesso al pagamento di una sanzione.
Spetta all’ispettore il potere-dovere di individuare i casi di maggiore gravità e quindi applicare o meno l’istituto della prescrizione.