Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 12449 del 7 maggio scorso, si sono pronunciate sulla questione di diritto inerente al saggio da applicare agli interessi legali liquidati in sentenza nel caso in cui il Giudice non abbia provveduto a indicarne la misura.

Come noto, l’art. 1284, comma 1 c.p.c., stabilisce che il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5 per cento in ragione d’anno e che il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno.

Il successivo comma 4, prevede invece che se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale, il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (D.Lgs. n. 231 del 2002).

Nel caso in esame, una società aveva proposto opposizione al precetto, notificato sulla base di una sentenza emessa dal Tribunale di Milano, denunciando l’erroneo calcolo degli interessi di mora effettuato dal creditore ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002 nonostante il titolo esecutivo giudiziale non recasse la condanna al pagamento degli stessi né fosse stata formulata alcuna domanda in tal senso.

Con ordinanza del 25 luglio 2023, il Giudice dell’Esecuzione aveva disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Suprema Corte per la risoluzione della seguente questione di diritto: “se in tema di esecuzione forzata – anche solo minacciata – fondata su titolo esecutivo giudiziale, ove il Giudice della cognizione abbia omesso di indicare la specie degli interessi al cui pagamento ha condannato il debitore, limitandosi alla loro generica qualificazione in termini di “interessi legali” o “di legge” ed eventualmente indicandone la decorrenza da data anteriore alla proposizione della domanda, si debbano ritenere liquidati soltanto gli interessi di cui all’art. 1284 primo comma c.c. o – a partire dalla data di proposizione della domanda – possano ritenersi liquidati quelli di cui al quarto comma del predetto articolo”.

Con decreto del 18 settembre 2023, la questione è stata assegnata alle Sezioni Unite le quali, nel formulare il principio di diritto, hanno preliminarmente ricordato l’esistenza presso la Suprema Corte di due contrapposti orientamenti:

  1. secondo un indirizzo, in presenza di un’esecuzione forzata fondata su titolo esecutivo giudiziale, ove il Giudice della cognizione abbia omesso di indicare la specie degli interessi che ha comminato, limitandosi alla generica qualificazione degli stessi in termine di “interessi legali” o “di legge”, si devono ritenere liquidati soltanto gli interessi di cui all’art. 1284, comma 1, c.p.c. in ragione della portata generale di questa disposizione, rispetto alla quale le altre ipotesi di interessi legali, diversi da quelli previsti dalla disposizione citata, presuppongono l’avvenuto accertamento degli elementi costitutivi della relativa fattispecie speciale e, ove dal titolo non emerga un siffatto accertamento, non è consentita l’integrazione in sede esecutiva, ma è esperibile soltanto il rimedio dell’impugnazione;
  2. secondo, invece, un diverso orientamento, la formula del comma 4 dell’art. 1284 c.c. è chiara nel predeterminare la misura degli interessi legali, nel caso in cui il credito venga riconosciuto da una sentenza a seguito di un giudizio anche arbitrale, senza necessità di apposita precisazione del loro saggio in sentenza.

Per le Sezioni Unite, se il titolo esecutivo è silente, il creditore non può conseguire in sede di esecuzione forzata il pagamento degli interessi maggiorati di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, stante il divieto per il Giudice dell’esecuzione di integrare il titolo, ma deve affidarsi al rimedio impugnatorio.

Il titolo esecutivo, nel dispositivo e/o nella motivazione, alla luce del principio di necessaria integrazione di dispositivo e motivazione ai fini dell’interpretazione della portata del titolo, deve infatti contenere la previsione della spettanza degli interessi maggiorati pena, in difetto, l’applicazione degli interessi nella misura di cui al comma 1 dell’art. 1284 c.c..

Alla luce di quanto sopra, le Sezioni Unite hanno quindi formulato il seguente principio di diritto: “ove il Giudice disponga il pagamento degli “interessi legali” senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dalla proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.p.c. se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.