I soci succedono nei rapporti debitori facenti capo alla società cancellata: così si è recentemente espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18720 del 9 luglio 2024.

Il tema della sorte delle posizioni attive e/o passive che residuano dopo la cancellazione della società di capitali è estremamente complesso e sfaccettato. Quando una società viene cancellata dal Registro delle Imprese si presume che essa cessi di esistere. Tuttavia, esiste una possibilità di “resurrezione” della società mediante la c.d. cancellazione della cancellazione, basata sull’art. 2191 c.c., che consente al giudice del Registro delle Imprese di cancellare un’iscrizione avvenuta in assenza delle condizioni previste dalla legge. Alcune pronunce giurisprudenziali riconducono a questa ipotesi anche il caso della società estinta in presenza di poste attive e/o passive pendenti, ampliando l’ambito di applicazione della reviviscenza della società cancellata.  

La cancellazione della cancellazione: evoluzione giurisprudenziale

Dal 2010, un gruppo di sentenze ha cercato di allinearsi con l’intenzione del legislatore della riforma del 2003 di mantenere in vita la società in presenza di debiti residui, conducendo all’“immortalità” della società (Cass. Civ. del 22 febbraio 2010, n. 4060; Cass. Civ. del 22 febbraio 2010, n. 4061; Cass. Civ. del 22 febbraio 2010, n. 4062).

Nel 2013, le celebri sentenze gemelle della Cassazione hanno invece affermato che, una volta concluso il procedimento di liquidazione, la società cancellata non può più tornare in vita, sancendo così l’effetto estintivo tombale della cancellazione e precisando al contempo che eventuali poste attive e/o passive residue si trasferiscono in capo ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa (Cass. Civ. del 12 marzo 2013, n. 6070; Cass. Civ. del 12 marzo 2013, n. 6071; Cass. Civ. del 12 marzo 2013, n. 6072).

Si è passati, quindi, dalla tesi di impossibilità di cancellazione della società in presenza di poste attive e/o passive rimanenti all’idea che la liquidazione abbia un effetto costitutivo, cioè che la società si consideri estinta al termine del processo di liquidazione.

Altra parte della giurisprudenza afferma invece che la cancellazione della società ex art. 2495 c.c. presuppone il compimento integrale della liquidazione. L’esaurimento della liquidazione è ritenuto un presupposto indefettibile per poter correttamente cancellare la società dal Registro delle Imprese.
La mancata liquidazione integrale delle attività e delle passività può giustificare, secondo questo diverso orientamento giurisprudenziale, la c.d. cancellazione della cancellazione ex art. 2191 c.c., con conseguente ritorno in vita della società.

Gli oppositori di questa tesi sostengono però che siffatta impostazione comprometterebbe la certezza del diritto: permettendo, infatti, la cancellazione della cancellazione ogni qual volta vi siano attività e/o passività residue in capo alla società estinta equivarrebbe ad ammettere una possibilità di reviviscenza della società estinta, ritornando così alla situazione anteriore alla riforma del 2003, con l’immortalità della società fino al pagamento dell’ultimo debito.

La sentenza della Cassazione civile n. 18720/2024

La recente sentenza della Cassazione civile sez. II, 9 luglio 2024, n. 18720 ha affrontato il caso di un condominio che ha chiesto la condanna della società appaltatrice al pagamento della somma necessaria per l’eliminazione dei vizi e dei difetti presenti nelle parti comuni dell’edificio condominiale. Prima della sentenza, è stato dato atto della cancellazione dal registro delle imprese della società appaltatrice, sollevando la questione della responsabilità dei soci per i debiti residui.

In primo grado, il Tribunale di Milano ha stabilito che le somme del patrimonio netto della società e del fondo per i rischi erano state trasferite ai soci, rendendoli responsabili entro tali limiti. Tuttavia, il giudice d’appello ha rigettato la domanda del condominio, ritenendo che la responsabilità dei soci dipendeva dalla prova dell’avvenuta riscossione delle somme a loro attribuite.

La Cassazione, accogliendo il ricorso del condominio, ha ribadito che i soci succedono nei rapporti debitori della società cancellata, in regime di comunione, come stabilito dalle Sezioni Unite nel 2013. Ciò significa che estinta la società si instaura tra i soci un regime di contitolarità o di comunione indivisa. In particolare, la Suprema Corte ha precisato che, la responsabilità dei soci è limitata alle somme risultanti dal bilancio finale di liquidazione, considerando anche le somme stanziate per rischi futuri e crediti tributari. La Cassazione ha inoltre confermato che i soci succedono anche in relazione alle sopravvenienze attive, così che “la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torna ad essere direttamente imputabili a coloro che della società costituivano il sostrato personale”.

Nel caso in esame, all’esito della cancellazione della società appaltatrice dal Registro delle Imprese, i soci sono diventati contitolari del patrimonio netto e del fondo stanziato per rischi della società, riscuotendo tali somme in base al bilancio finale di liquidazione. I creditori sociali insoddisfatti possono dunque far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino all’ammontare delle somme ricevute da questi ultimi secondo il bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dovuto a colpa di questi ultimi.

A detta della Cassazione, infatti, la gestione delle posizioni attive e passive dopo la cancellazione di una società di capitali richiede un equilibrio tra la certezza del diritto e la tutela dei creditori. La c.d. cancellazione della cancellazione dovrebbe essere confinata a situazioni eccezionali e non interpretata estensivamente. La necessità di tutelare la certezza del diritto impone che la cancellazione della società sia definitiva. La disciplina va quindi ricostruita sulla base dell’art. 2495 c.c., evitando estensioni indebite delle ipotesi di cancellazione della cancellazione che comprometterebbero l’irretrattabilità dell’estinzione della società. La sentenza n. 18720/2024 rappresenta un importante passo in questa direzione, riaffermando i principi di successione dei soci nei rapporti debitori e creditori della società estinta, in linea con le esigenze di certezza del diritto.