Cass. Civ. Sez. Lav. 13.10.2015, n. 20540

Con la sentenza n. 20540 del 13 ottobre 2015 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della qualificazione del fatto contestato ai fini della valutazione della validità del licenziamento disciplinare affermando che la completa irrilevanza giuridica del fatto equivale alla sua insussistenza materiale.

Se è pur vero che il caso in questione concerne un licenziamento disciplinato dalla legge Fornero (L. n.92/2012), non v’è chi non veda come con la sentenza in esame i giudici di legittimità abbiano voluto lasciare, già ora e a futura memoria, un messaggio allorquando si tratterà di analizzare licenziamenti soggetti alle norme di cui al D.Lgs. n.23/2013 (Jobs Act).

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Infatti, l’art.3 D.Lgs. n.23/2015 prevede il diritto del lavoratore alla reintegrazione nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento.

Secondo il ragionamento della Corte di Cassazione si giunge alla conclusione che la non-illiceità della condotta tenuta dal lavoratore equivale a fatto inesistente: se tale principio fosse confermato anche con rifermento al Jobs Act, per non aversi la reintegrazione del lavoratore non sarebbe sufficiente che il fatto materiale sia reale, ma è necessario che lo stesso sia giuridicamente rilevante.