Bentornato, caro vecchio smart working
Si avvicina la scadenza dello stato di emergenza e così anche la fine dello smart working “semplificato” che, come noto, ha consentito alle aziende di farne uso senza l’accordo con i lavoratori e senza particolari formalità, in deroga alla Legge 81/2017.
Dal 1° aprile torneranno ad applicarsi le “vecchie” regole, con la consapevolezza però che le stesse devono essere rilette alla luce degli insegnamenti del periodo emergenziale, in termini di potenzialità, ma anche di criticità di questa modalità di lavoro.
Dopo una prima fase di scoperta e di adattamento, soprattutto da parte delle piccole e medie imprese, lo smart working è divenuto molto spesso una componente strutturale dell’organizzazione del lavoro e certamente ne faremo uso anche in futuro per diversi motivi: conciliazione di tempi di vita e di lavoro, riduzione della emissione di agenti inquinanti e dei costi di sede, potenziamento del rapporto di fiducia e dell’autonomia.
Quali sono le regole dal 1° aprile?
Di seguito una sintesi di quanto è opportuno tenere a mente e alcuni suggerimenti utili, anche in considerazione del fatto che lo scorso 7 dicembre è stato sottoscritto tra le parti sociali il Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile.
Innanzitutto, l’accordo individuale è obbligatorio e deve essere redatto per iscritto.
Al suo interno devono essere pattuite le modalità di gestione del lavoro da remoto ed in particolare:
- la durata dell’accordo (a tempo determinato o a tempo indeterminato);
- il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa;
- i giorni e le fasce orarie di lavoro;
- gli orari di reperibilità con la previsione del – tanto discusso – diritto alla disconnessione.
Suggeriamo di evitare il ricorso al lavoro straordinario o comunque sarà opportuno porvi dei limiti, ad esempio indicando un monte ore massimo.
Deve anche essere previsto il diritto di recesso unilaterale che, secondo la legge, deve avvenire con un preavviso di almeno 30 giorni, aumentati a 90 per il lavoratore disabile.
Resta comunque salvo il diritto sia per il datore di lavoro sia per il lavoratore di recedere immediatamente, e quindi senza preavviso, in presenza di un giustificato motivo che è opportuno esemplificare (tra le ipotesi, ad esempio, il mutamento delle condizioni organizzative e produttive e/o della mansione nonché la violazione da parte del lavoratore delle regole dell’accordo individuale).
La formazione è un altro elemento importante, talvolta sottovalutato, su cui le parti sociali hanno posto l’accento e che è da considerare attentamente anche alla luce dei finanziamenti derivanti dall’attuazione delle missioni del PNRR.
Dal punto di vista burocratico è in discussione il mantenimento del sistema adottato in fase emergenziale delle comunicazioni obbligatorie, in essere fino al 31 marzo, che non richiede l’invio telematico dell’accordo individuale, ma unicamente l’indicazione dei nominativi dei lavoratori in smart working e la data di inizio e di cessazione dell’accordo. Su questo aspetto occorre attendere la legge di conversione del Decreto Sostegni ter che deve intervenire entro il 28 marzo 2022 e, molto probabilmente, l’emanazione di un decreto ministeriale che indichi le modalità semplificate.
Resta fermo l’obbligo di allegare l’informativa in materia di salute e sicurezza.
Ricordiamo, infine, che l’utilizzo dello smart working non richiede la sottoscrizione di un accordo sindacale. Tuttavia, in considerazione della tipologia aziendale, della sua organizzazione e della strutturalità del lavoro agile, è possibile prevedere una policy che regolamenti lo smart working e lo coordini, ad esempio, con le policy in materia di privacy e di utilizzo degli strumenti informatici aziendali o in tema di controllo a distanza dei lavoratori.