Decreto legislativo n. 36/2018: le principali novità
Il 9 maggio scorso è entrato in vigore il decreto legislativo 10 aprile 2018 n. 36 il quale, in attuazione della delega contenuta nella legge 23 giugno 2017 n. 103 (cd. Riforma Orlando), ha modificato la disciplina del regime di procedibilità dei seguenti reati: minaccia (art. 612 c.p.); violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale (art. 615 c.p.); falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni telegrafiche o telefoniche (art. 617 ter c.p.); falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617 sexies c.p.); violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni (art. 619 c.p.); rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni (art. 620 c.p.); truffa (art. 640 c.p.); frode informatica (art. 640 ter c.p.); appropriazione indebita (art. 646 c.p.).
La ratio del provvedimento è quella di deflazionare il contenzioso penale: il legislatore, infatti, per alcuni tipi di reato ritiene il fatto perseguibile soltanto in presenza di una dichiarazione di volontà della persona offesa.
Le questioni di diritto intertemporale derivanti da tale riforma sono disciplinate dall’art. 12 del citato decreto, il quale, al secondo comma, prevede che, per i procedimenti pendenti, dopo l’esercizio dell’azione penale il giudice «previa, se necessario, ricerca anagrafica, informi la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il dritto di querela e che il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata».
Ne deriva che, qualora sia in fase di indagini un giudizio riguardante fatti accaduti in epoca antecedente a tale data, il Pubblico Ministero titolare del fascicolo dovrà informare la persona offesa che, se lo ritiene, potrà proporre una dichiarazione di querela onde consentire la prosecuzione del giudizio: in tal caso, il termine di tre mesi previsto all’art. 124 del Codice Penale decorrerà dal momento in cui la persona offesa avrà ricevuto la suddetta comunicazione.
In caso di fatti accaduti prima del 9.5.2018 con processo pendente in primo grado o in appello, sarà il Giudice ad informare la persona offesa della necessità di proporre querela. Anche in questo caso, il termine di tre mesi decorrerà dal momento in cui l’interessato avrà ricevuto la relativa informativa.
Tale disciplina transitoria ha tuttavia ingenerato da subito molteplici dubbi interpretativi, che hanno reso necessario l’intervento delle Sezioni Unite Penali della Cassazione.
Due le questioni sulle quali la Suprema Corte sarà chiamata ad esprimersi: la prima attiene alla necessità, in caso di un ricorso dell’imputato rivelatosi inammissibile, di dare comunque avviso alla persona offesa, così come prevede l’art. 12 cit., oppure se tale onere informativo sia precluso dalla rilevata inammissibilità, stante la mancanza di una valida costituzione del rapporto processuale.
La seconda questione rimessa alle Sezioni Unite riguarda la sospensione del termine di prescrizione durante i tre mesi per l’eventuale esercizio del dritto di querela della persona offesa. Si tratta di una questione tutt’altro che irrilevante, atteso che frequentemente la scadenza del termine massimo di prescrizione è imminente rispetto all’udienza di trattazione del ricorso di legittimità.
Tali questioni verranno trattate in udienza pubblica il 21 giugno 2018.
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