Torniamo a parlare di privacy in materia di rapporto di lavoro, questa volta con riferimento al controllo dei veicoli aziendali.

I datori di lavoro che utilizzano dispositivi telematici a bordo dei veicoli raccolgono dati relativi al mezzo, ma anche – e questo è il punto – al singolo dipendente che lo utilizza.

Pensiamo, ad esempio, ai sistemi di tracciamento di base GPS, che possono rilevare la posizione del veicolo (e quindi quella del dipendente) o ai registratori di dati relativi ad eventi (come gli incidenti) che consentono di monitorare tanto il veicolo quanto il conducente.

Certamente il datore di lavoro può avere un interesse legittimo all’utilizzo di detti dispositivi, dato dalla necessità, ad esempio, di individuare la localizzazione del veicolo o garantire la sicurezza dei dipendenti che ne sono alla guida, ma deve pur sempre considerare i riflessi che ne derivano in termini di possibili violazioni dei dati personali, oltre che rispettare, a monte, la normativa giuslavoristica in materia, potendo rappresentare detti dispositivi degli strumenti di controlli a distanza dei lavoratori.

Limitando in questa sede la trattazione ai risvolti in materia di privacy, la valutazione da effettuare in questi casi è quella di un bilanciamento tra la finalità legittima da perseguire e le ragionevoli aspettative dei dipendenti in materia di tutela della loro riservatezza, fermo restando che il datore di lavoro dovrà adottare tutte le misure necessarie a garantire che la vita privata del lavoratore non sia violata o che la violazione sia ridotta al minimo necessario.

Il Gruppo Di Lavoro Articolo 29 ha in più occasioni affrontato la tematica.

Già con il parere 13/11 sui servizi di geolocalizzazione su dispositivi mobili intelligenti il “Gruppo Articolo 29” aveva a suo tempo chiarito che “i dispositivi di tracciamento dei veicoli non sono dispositivi di tracciamento del personale, bensì la loro funzione consiste nel rintracciare o monitorare l’ubicazione dei veicoli sui quali sono installati. I datori di lavoro non dovrebbero considerarli come strumenti per seguire o monitorare il comportamento o gli spostamenti di autisti o di altro personale..”

Più recentemente, nel parere 2/2017 sul trattamento dei dati sul posto di lavoro, il “Gruppo Articolo 29” ha fornito alcune indicazioni, anche di carattere pratico, proprio al fine di realizzare quell’equilibrio tra il legittimo interesse del datore di lavoro e i diritti e le libertà fondamentali dei lavoratori.

In particolare:

  • sebbene i datori di lavoro possano avere un legittimo interesse all’utilizzo dei dispositivi in questione, è sempre necessario rispettare i principi generali in materia di privacy;
  • il datore di lavoro deve garantire che i dati raccolti non vengano utilizzati per finalità di tracciamento o valutazione dei dipendenti;
  • il datore di lavoro deve informare con chiarezza i dipendenti che a bordo del veicolo aziendale da loro guidato è stato installato un dispositivo di tracciamento e che i loro movimenti vengono registrati durante l’uso di detto veicolo. Dovrebbe, quindi, essere predisposta un’informativa da esporre in maniera visibile a bordo di ogni vettura;
  • qualora sia consentito l’uso privato di un veicolo professionale, il dipendente dovrebbe avere la possibilità di disattivare temporaneamente il sistema di tracciamento della posizione qualora circostanze particolari di riservatezza lo giustifichino (è il caso, ad esempio, del dipendente che si rechi ad una visita medica). Il dipendente potrà, in questo modo, proteggere determinati dati relativi all’ubicazione considerati privati.

Di queste indicazioni si dovrà tener conto anche e soprattutto in vista dell’imminente applicabilità del nuovo Regolamento Europeo sulla privacy, che impone a tutte le imprese di rivedere e aggiornare la loro organizzazione con riferimento al trattamento dei dati personali.

 

Iscriviti alla Newsletter